La serie di Fibonacci nella Primavera di Botticelli
di Luigi Pentasuglia
(guarda anche la versione youtube)
La Primavera di Sandro Botticelli (Galleria degli Uffizi, Firenze), un dipinto a tempera su tavola (203 x 313 cm) databile intorno al 1478, fu commissionata da Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici (1463-1503), cugino di Lorenzo il Magnifico. Annoverata tra le opere più celebri del Rinascimento, s’ignora il suo significato, se si esclude la generica descrizione vasariana: ‘Venere che le Grazie fioriscono, dinotando Primavera’.
In un fitto e ombroso melangoleto, i cui frutti simboleggiano l’amore nelle varie declinazioni, il dio del vento Zefiro alita sulla ninfa Clori fecondandola. Dalla bocca di Clori fuoriesce un ramoscello fiorito, segno dell’imminente sua trasformazione in Flora, la donna adorna di fiori che va spargendo d’intorno. Al centro, un’insolita Venere vestita è sovrastata da Cupido in atto di saettare le Grazie. L’ultima figura a sinistra è Mercurio, che scaccia con il caduceo le nubi, annunciando il sopraggiungere della primavera.
La tesi per cui queste divinità abbiano le sembianze di persone dell’entourage medicea non inficia la lettura neoplatonica dell’opera proposta da Gombrich, Wind e Panofsky. L’ambientazione rarefatta, priva di prospettiva ombre ed effetti chiaroscurali - quasi che le figure si librino nell’aria in una sorta di giardino dell’Eden - alimenta il sospetto che l’interazione tra Zefiro, Clori e Flora sia una parafrasi dell’incipit di Genesi: ‘In principio Dio creò il cielo e la terra [...] e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque’. Infatti, se da un lato l’alitare di Zefiro sul velo trasparente e fluente come la pioggia di Clori ammicca allo spirito di Dio che aleggia sulle acque, dall’altro la metamorfosi di Clori in Flora si raccorda con il seguito di Genesi: ‘La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie’ (1.11).
A questo stadio della creazione, secondo Genesi, non v’è traccia di esseri viventi animati: ciò si riflette proprio nella mitologica Primavera botticelliana. Senonché il prologo del Vangelo di Giovanni a sua volta recita: ‘In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio’. È senza dubbio il più celebre paradosso metafisico che vuole il Verbo e Dio né identici né distinti, ovvero: il primo è un’emanazione (ipostasi) del secondo. Ed è proprio il Verbo che in Genesi fa capolino nell’accezione di ‘soffio vitale’ (pneuma): ‘Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente’ (2. 7).
Entra qui in gioco il platonismo cristianizzato di Marsilio Ficino che, se da un lato assimila il pneuma all’anima dell’uomo, dall’altro lo pone tra il mondo intellegibile e il mondo fisico: ‘si può chiamare - afferma Ficino - il centro della natura, l'intermediaria di tutte le cose, la catena del mondo, il volto del tutto, il nodo e la copula del mondo’ (Theologia platonica).
Nella Primavera il ruolo di copula mundi è ricoperto da Venere, al centro del dipinto tra due scorci di cielo terso disegnati a forma di ‘polmoni’, evocativi del pneuma, il ‘soffio vitale’. Ma ciò che più intriga è il seguito della citazione ficiniana che, ‘alla maniera platonica’, pospone l’anima dell’uomo a Dio e all’Angelo, classificandola ‘terza o media essenza, poiché essa è nel mezzo rispetto a tutte le cose ed è terza da qualsiasi parte si cominci. [...] Ma poiché è la vera connessione di tutte, quando migra in una non lascia l'altra, ma migra dall'una all'altra e sempre le conserva tutte’.
Una descrizione che fa venire in mente la ‘divina proportione’, la progressione matematica di Fibonacci, in cui ciascun numero è la somma dei due che lo precedono: (1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377...). Un’ipotesi tutt’altro da scartare, visto che nella Primavera la serie fibonacciana funge da fil rouge tra i personaggi. Ecco come.
· L’accoppiata ‘1, 1’ che inaugura la serie è implicita nel binomio Vento/Zefiro, essendo il vento un’emanazione di Zefiro. Ad essa alludono i due tronchi d’albero piegati come fuscelli al transito dello sbuffante Zefiro.
· Segue il binomio Clori/Flora, il numero 2 della serie, somma dei precedenti ‘1, 1’: ne fa fede l’indice e il medio di Flora che inforcano due bianche rose.
· È la volta del 3, somma dei precedenti 2 e 1, associato a Venere, ‘terza’ essenza della cosmogonia ficiniana: lo avalla il gesto dell’indice, del medio e dell’anulare della mano sinistra della dea sulla rossa tunica.
· Nel suo ruolo di intermediaria di tutte le cose Venere solleva l’altra mano, segnalando con le dita il 5 (somma dei precedenti 3 e 2), ovvero il gruppo formato da Cupido che scocca la freccia sulla mediana delle Tre Grazie che, a sua volta, volge complice lo sguardo verso Mercurio.
· Infine il numero 8 (somma di 5 e 3) è implicito nella forma dei due serpenti alati del caduceo che affonda nelle nubi a simboleggiare la progressione infinita della serie di Fibonacci: non è forse proprio un 8 in orizzontale (∞) il simbolo dell’infinito?
In definitiva nella Primavera Botticelli assimila la creazione biblica alla ‘divina proporzione’, parente stretta della Sezione Aurea, l’impronta digitale di Dio riscontrabile ovunque: dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande, dalle spirali delle conchiglie alla posizione dei petali e delle foglie, dalle strutture cristalline nei minerali alle proporzioni del corpo umano, dalla forma degli uragani alla forma delle galassie.
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